I presidi Slow Food del Trentino Alto Adige

cibo slow food trentino

In Italia – per ovvi motivi – resiste il turismo gastronomico. E in estate, cosa c’è di meglio di salire in montagna per assaporare sapori e gusti nuovi, per di più “certificati”?
I Presìdi Slow Food italiani, ad esempio, sono oltre 200 e coinvolgono più di 1600 piccoli produttori: contadini, pescatori, norcini, pastori, casari, fornai, pasticceri. Artigiani del cibo e del gusto, che lavorano talmente bene da meritare un marchio speciale: sono facilmente identificabili dal bollino “Presidio Slow Food” che viene riportato sulle etichette dei prodotti al fine di identificarli meglio sul mercato.

In Trentino, di Presidi ne troviamo ben 14, suddivisi tra vini, latticini, ortaggi e salumi.

Burro storico e formaggi gustosi

Se si arriva sulle cime trentine nel periodo dell’alpeggio, tra giugno e settembre, impossibile non cercare il Botìro di Primiero di malga: nel dialetto locale “botìro” significa burro e, ai tempi della Serenissima, il miglior burro in vendita a Venezia proveniva dagli alpeggi di Primiero, tra le vette dolomitiche delle Pale di San Martino e i monti del Lagorai. La qualità era eccezionale, sia per la ricchezza floristica dei pascoli di queste valli ricche d’acqua che per l’accurata lavorazione, che consentiva di ottenere un prodotto conservabile per molti mesi.
Questa produzione tradizionale era quasi totalmente persa, ma rimaneva ancora vivo il ricordo: oggi un Presidio Slow Food si propone di rilanciare la produzione del botìro di malga a panna cruda, ripresa da due anni dal Caseificio Comprensoriale di Primiero; ha un intenso colore che va dal giallo paglierino all’oro, un profumo aromatico con note floreali ed erbacee vive. Se si cercano gusti più decisi, bisogna provare il Casòlet della val di Sole, Rabbi e Pejo: un formaggio a pasta cruda, tenera, morbida, che si consuma generalmente fresco o semi stagionato (almeno venti i giorni di maturazione); oppure il Vezzena o il Formaggio di malga del Lagorai. Riemerso dalla tradizione anche il Graukäse della Valle Aurina: per farlo, si utilizza esclusivamente latte crudo proveniente da allevamenti locali.

Il Puzzone di Moena

Il formaggio trentino più famoso, deve il suo nome al suo segreto: la puzza, ottenuta grazie alla stagionatura, durante la quale ogni forma deve essere lavata. Un lavoro faticosissimo: nel magazzino ci sono alcune migliaia di forme e ogni settimana bisogna girarle una per una e lavarle con uno straccetto imbevuto d’acqua. E così da un minimo di 60 giorni, a sei, sette mesi. Il trattamento della crosta con acqua crea uno strato untuoso e favorisce fermentazioni batteriche che danno al formaggio un profumo intenso e penetrante e l’inconfondibile crosta rosso mattone. Si caratterizza proprio per la personalità aromatica: puzza per qualcuno, bouquet penetrante e complesso per i gourmet.

Altri Presidi che meritano l’assaggio

Come non citare l’Ur-Paarl nach Klosterart (che in tedesco significa “l’originario pane di segale doppio alla maniera del convento”), variante più antica del tipico Vinschger Paarl della Val Venosta. La forma tradizionale è una specie di “otto” schiacciato, ottenuta unendo due pani rotondi e piatti. Per questo si chiama paarl, che significa coppia.
Da provare, magari insieme alla Mortandela della Val di Non, antico salume dalla curiosa forma a polpetta, fortemente affumicato e dal caratteristico colore bruno; si ottiene disossando le carni, sgrassandole, snervandole, macinandole e aggiungendo un miscela di spezie. Oppure con il salume trentino più famoso: la Luganega, un insaccato a base di carne magra di suino e di lardo, macinata a grana media, alla quale si aggiungono sale, pepe macinato e aglio.
Per i vegetariani, ecco il Presidio giusto: il Broccolo di Torbole, che si raccoglie da fine novembre a tutto febbraio.

E si beve bene

Un vino che si può gustare solo se proviene da queste terre è il Vino Santo Trentino: si ricava esclusivamente dal vitigno autoctono nosiola (coltivato su circa 110 ettari che rappresentano l’1,5% della produzione di uva trentina) che ha trovato la sua zona di elezione nella Valle dei Laghi, la valle percorsa dall’antica strada romana che metteva in comunicazione la valle dell’Adige con il Garda, caratterizzata da una quantità di piccoli laghi di origine glaciale e da un clima mite favorito dalla vicinanza del Garda. Per produrlo si utilizzano i grappoli spargoli (quelli con acini radi) provenienti da vecchi vigneti posti in pochi e distinti appezzamenti, i soli che permettono il lunghissimo appassimento (solo il 10% dei vigneti di nosiola della Valle dei Laghi è ritenuto idoneo dai produttori per l’appassimento, quindi poco più di 10 ettari complessivi in tutto per i cinque produttori esistenti).

Foto lyonora